progetto Olivia Papili
realizzazione Debora D’Andrea, Olivia Papili e Francesco Spaggiari
produzione Crossing Changes
musiche originali Francesco Spaggiari
foto Veronica Schito
Tre coinquilini, una cucina e le storie delle loro famiglie tra dialoghi e canzoni attraverso il rapporto con il cibo.
Le ricette tramandate dalle nonne e dalle mamme di tre parti d’Italia diverse (Abruzzo, Puglia e Romagna) nascondono tra i loro ingredienti conflitti, risate e paure che emergono dai ricordi proprio quel giorno, in quell’occasione particolare: preparare una torta di compleanno.
Ogni famiglia ha ricette così, legate alle nostre vite e a quelle dei nostri antenati, al passaggio dall’infanzia all’età adulta, spesso rinominate e rielaborate. Ogni famiglia, alla fine, si assomiglia nelle sue differenze. Nel rivissuto della memoria e nel cucinare insieme, le storie familiari diventano la storia di una costruzione di identità e guarigione. Una guarigione che appare nella condivisione e ritualità del cibo, nell’accettazione dei propri limiti e desideri.
L’idea nasce dall’incontro tra Olivia Papili, drammaturga regista e attrice sabino-abruzzese, e Debora D’Andrea, cantante blues e attrice pugliese di nascita e romana d’adozione, con Francesco Spaggiari, cuoco che scrive canzoni, strimpellatore di chitarre e corde vocali, meticcio romano-romagnolo e autore degli album Hotel Balima (2010) e Lettere da Borgoventura (2013). La compagnia Crossing Changes segue un percorso di creazione collettiva di storie originali ed esplora varie possibilità di racconto in cui parola, silenzio e musica trovano un corpo unico e uno spazio organico in luoghi non convenzionali.
Lo spettacolo è stato selezionato per partecipare al festival Play with Food 6, Torino 13-18 ottobre 2015.
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Ero uno spirito irrequieto nella campagna vicino alla capitale. I nostri giochi erano in strada: c’era la prova di coraggio dentro la casa fantasma o la gara di velocità in discesa con la bicicletta. Tutto era necessario nel tempo in cui andava fatto, seguendo l’ordine preciso della giornata e delle stagioni. Le galline le ammazzavano sotto la finestra della mia cameretta quando erano diventate vecchie e il rosmarino per cucinarle la domenica dovevo andare io a prenderlo all’orto.
Quando era il momento della foto di compleanno davanti alla torta, con il vestito della festa, io avevo lo sguardo arrabbiato e non volevo spegnere le candeline. La torta era sempre la stessa, con qualche variante. Mai quella che piaceva di più a me.
La base di tutto era il PAN DI SPAGNA. Chissà poi perché lo chiamavano Pan di Spagna se Pan di Spagna non era. Soprattutto a primavera, quando le galline ci davano dentro con la produzione, mia nonna metteva uova dappertutto. Anche nella pizza. Era talmente densa che neanche riuscivi a stenderla a momenti.
Che quando le chiedevi: – Ma nonna, perché è così giallo l’impasto? Che ci hai messo le uova? – Io? No. Ma che dici!
Alla faccia del colesterolo. Come nonno Riziero. Lui per tenersi leggero bolliva il minestrone con le bucce del parmigiano. Da dove veniva lui, in montagna, dovevano scaldarsi in qualche modo. Però da noi, in quell’ansa del Tevere dove ci ritrovavamo, poco ci mancava che fossimo sotto il livello del mare.
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